In tale contesto si pone per il Sir la sfida di raccontare con linguaggio giornalistico la Chiesa non come una struttura ma come una “presenza”, non come una delle molte istituzioni ma come un segno della presenza di Dio nella vita delle persone e dei popoli.
Nel prendere nota di queste sfide i vaticanisti e altri giornalisti impegnati a raccontare la Chiesa e i cattolici comprendono che l’agenzia non ha alcun obiettivo di omologazione dell’informazione religiosa, bensì è al servizio di un pluralismo inteso come un mosaico e non come un vaso in frantumi: non una sfera ma un poliedro, per citare le parole di Papa Francesco.

Negli anni successivi l’impegno del Sir cresce lungo quattro linee prioritarie: aumento del numero dei redattori e dei collaboratori, corresponsabilità delle redazioni dei settimanali diocesani, cura del linguaggio, impiego delle nuove tecnologie che, nel 1992, consentono di passare dagli invii tramite fax alle trasmissioni telematiche.

Conseguenze immediate di questo passo furono il Sir bisettimanale (21 giugno 1990) e il Sir quotidiano (9 novembre 1994).

Il percorso si inserisce in sinergia con quello del quotidiano Avvenire, che dalla Santa Sede passa alla Conferenza episcopale italiana, dell’emittente Sat2000 (oggi Tv2000), di RadioEcclesia e del circuito radiofonico Co.Ra.L.L.o (oggi InBlu).

Gli anni che seguirono furono un progressivo affermarsi e qualificarsi del contributo del Sir all’informazione religiosa, sempre in stretta sintonia con la Fisc e con la Cei.

Le scelte fondamentali di indirizzo dell’attività complessiva dell’agenzia venivano prese collegialmente nelle riunioni alle quali partecipavano il presidente del Sir, il presidente della Fisc, i rappresentanti della Cei a a partire dal direttore dell’Ufficio nazionale delle comunicazioni sociali, il direttore del Sir.

Prende avvio un’esperienza di corresponsabilità che dà vita a un originale “laboratorio professionale di comunicazione ecclesiale”.

Rimane fermo l’obiettivo di rendere chiara l’idea d’informazione religiosa liberandola dall’autoreferenzialità e portandola sul terreno dell’umano, dove avviene il dialogo tra la vita e la fede, tra la cultura e il Vangelo, tra le scelte per interessi di parte e scelte per il bene comune.